Seppellire i morti, anche in tutte le religioni antiche, significa onorare il corpo e la vita di quella persona perché possa continuare a rifiorire il suo ricordo, fare memoria dei suoi insegnamenti, far tesoro della sua testimonianza, riconoscere le opere di bene, perdonare il male commesso e ricevuto. Recarsi davanti alla tomba di una persona cara significa guardarsi allo specchio per scoprire la nostra identità che ha avuto origine dall’esperienze di chi ci ha preceduto, dall’appartenenza delle relazioni passate, dalla memoria della speranza che non finisce con la morte ma rimane viva nelle generazioni future. Pregare per le anime dei defunti è il prolungamento naturale di quest’opera di misericordia corporale. Il seppellimento del corpo ha senso solo quando si eleva una preghiera a Dio, supplicando di ammetterlo alla beatitudine eterna e attendere con fede il giorno del compimento della promessa della resurrezione della carne. Oggi siamo esposti ad un grave rischio. La nostra società materialista e “liquida” non vuole più legami, impegni, responsabilità, neanche con i morti. Vuole dimenticarli. Non crede più che essi un giorno potranno incontrarci nuovamente nella Luce dell’eternità beata con Dio e con i Santi. Se la Chiesa ammette la cremazione - a meno che non sia negazione della fede nella resurrezione della carne, - domanda che i defunti non siano trattati come un oggetto, incastonati in un gioiello, esposti come un soprammobile o dedicati solo ad un culto privato nell’abitazione domestica. Nella sua saggezza pedagogica la Chiesa ha disposto un nuovo documento, “Ad resurgendum cum Christo, che afferma:
“Seguendo l’antichissima tradizione cristiana, la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro. Ciò può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose.

Leggi anche