Nella nuova enciclica “Fratelli tutti”, Papa Francesco declina insieme la fratellanza e l’amicizia sociale. Queste non sono tanto un’emozione o un sentimento o un’idea, per quanto nobile, per il Papa, ma un dato di fatto che poi implica anche l’uscita, l’azione (e la libertà): «Di chi mi faccio fratello?»: come nella parabola di Gesù del buon samaritano.
La fratellanza così intesa capovolge la logica oggi imperante; quella che combatte contro il mondo perché vede solo avversari e nemici. È la logica degli schieramenti e delle contrapposizioni continue che ci dividono tra buoni e cattivi. Noi siamo i buoni e gli altri sempre i cattivi. La fratellanza, nel testo del pontefice, è ciò che consente agli eguali di essere persone diverse. L’odio elimina il diverso. La fratellanza salva il tempo della politica, della mediazione, dell’incontro, della costruzione della società civile, della cura. Il fondamentalismo, con le sue ideologie, lo annulla in un videogame.
Per papa Francesco è arrivato il tempo di passare dalla solidarietà alla fraternità. Mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. Il riconoscimento della fratellanza cambia la prospettiva, la capovolge e diventa un forte messaggio dal valore politico: tutti siamo fratelli e, quindi, tutti siamo cittadini con uguali diritti e doveri, sotto la cui ombra tutti godono della giustizia.
La fratellanza è poi la base solida per vivere l’ ”amicizia sociale”. Papa Francesco ha ricordato che una volta era andato in visita in un’area molto povera di Buenos Aires. Il parroco del quartiere gli aveva presentato un gruppo di giovani che stavano costruendo alcuni locali: «Questo è l’architetto, è ebreo; questo è comunista, questo è cattolico praticante, questo è…» : erano tutti diversi, ma tutti stavano lavorando insieme per il bene comune. Buon cammino nella fraternità di Cristo.

Don Giancarlo

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