“Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Queste parole di papa Francesco, così impegnative e consapevoli, hanno dato forma e consistenza nelle nostre Chiese in Italia al Cammino sinodale avviato tempo fa. Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento. Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa. Non si cammina insieme quando si è concentrati solo su noi stessi e sui nostri bisogni immediati, accompagnati da tante pretese! Le difficoltà vissute finora, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità di nuove sfide anche nella fede messa a dura prova, hanno rallentato il cammino delle nostre comunità. “I Cantieri di Betania”, la proposta della Conferenza episcopale italiana con al centro l’immagine del Vangelo di Luca, di Marta e Maria con Gesù, è frutto proprio della sinodalità. In parrocchia abbiamo fatto già un paio di esperienze in questo senso. Una invernale: con le famiglie del catechismo della iniziazione cristiana, a piccoli gruppi, ed una estiva: con i partecipanti alla vacanza estiva sulle Dolomiti con 90 persone dai 18 mesi ai 90 anni. Una cosa abbiamo capito: è tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi. Ascoltare per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese. Ascoltare per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione missionaria che ci è chiesta. Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravate dalla diffidenza che “tanto poi non cambia niente”, ma siamo certi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore. San Giovanni XXIII , esattamente 60 anni fa, diceva che molti, pure accesi di zelo per la religione, continuano a valutare “i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio” perché “non sono capaci di vedere altro che rovine e guai”. Non senza “offesa”, commentava il Papa “buono”, essi sono (siamo) i “profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo”. Ecco, sono certo che camminare insieme ci aiuterà a “vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa”.

Con fraternità. Don Giancarlo

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